"Medea" regale, bravissimo Latini


"Medea" regale, bravissimo Latini

(ph S. Fanni)

Alessandra Menesini
(L'Unione Sarda, 13 novembre 2016)

«Era meglio se la nave Argo non avesse volato verso la Colchide, oltre le azzurre Simplegadi». E non fosse mai approdata a Corinto, al palazzo di Creonte.
È una "Medea" regale e dolente, quella impersonata da Lea Gramsdorff nello spettacolo che ha aperto la stagione Akròama alle Saline di Cagliari. Una lettura contemporanea della tragedia di Euripide che debuttò ad Atene nel 431 a.C. Millenni fa, ma non molto sembra essere mutato nei rapporti di forza tra i due sessi. Non si arrende Medea, al tradimento di Giasone, al ripudio, all'esilio. Implora e minaccia, chiamando a soccorso Zeus, il garante dei giuramenti. Il suo sposo fedifrago le si presenta davanti ubriaco, la sigaretta in bocca, l'atteggiamento sprezzante del maschio prepotente.



Simeone Latini incarna magistralmente tre ruoli e tre caratteri, condensando nella sua interpretazione la viltà di Giasone, la protervia del re Creonte, la dolcezza di Egeo disposto ad aiutare l'abbandonata nel suo orrido progetto. L'atto unico si apre con le parole in greco antico recitate dalla voce fuori campo di Luisanna Ciuti. Una lampada, un divano bianco, uno scaffale. Pochi elementi ideati da Simone Dulcis, che se ne sta in alto, come un deus ex machina, inquadrato da una finestrella, e mixando i suoni assiste alla vicenda come se la scrutasse dall'Olimpo. Lea Gramsdorff è anche regista di uno spettacolo assai ben congegnato che mostra soltanto in video i figli bambini che saranno il mezzo di una tremenda vendetta. Giocano ignari, Lorenzo Farci e Marino Cagetti.

«Preparati, mio cuore». Ad affondare il pugnale nei piccoli petti, a ricambiare il dolore con un dolore più grande. Con un delitto esecrabile. Più feroce di Scilla, il mostro del Tirreno, commenta Euripide. Eppure s'intravede in questa bella versione teatrale curata in ogni particolare, una sorta di pietà per una creatura che si danna per orgoglio, che osteggia il destino o forse lo segue, che non sopporta l'umiltà che ci si aspetta dalle donne, che difende col suo atto uno stuolo di vittime. Ha vesti bianche Medea, anche quando si appresta ad uccidere. Abiti scuri, l'infido Giasone.


source: L'Unione Sarda