"Waving goodbye", un saluto a Castello

A Cagliari la personale di Lea Gramsdorff 

"Waving goodbye", un saluto a Castello

Raffaella Venturi
(L'Unione Sarda, 21 settembre 2022)  

Pareva di sentire in sottofondo "Everytime We Say Goodbye" di Cole Porter. Anche lì si parla di addio, di quelli che fanno un po' morire dentro, "there's no love song finer", non esiste canzone d'amore più bella, appunto. 

Lea Gramsdorff, eclettica artista e ieratica attrice, ha voluto salutare il quartiere dove per anni ha vissuto, Castello, con una mostra intitolata "Waving goodbye", accolta fino al primo ottobre nello Spazio (In)Visibile di Thomas Lehner, a cura di Efisio Carbone (apertura da giovedì a sabato, dalle 19 alle 21). 

Un modo per metabolizzare il distacco da uno spaccato di vita importante, con una figlia nata e cresciuta in quella casa arroccata su un poetico cortile di via Stretta, che di Castello è la via realmente più stretta ma che sembra un giardino grazie alle piante curate dal genius loci Paolo Melis. 

Scrive Carbone che l'idea ha avuto origine durante una residenza al Ghetto di via Santa Croce, il salotto di Castello, progetto curato da Simona Campus e lo stesso Carbone durante la pandemia. «L'artista esortava il pubblico a dipingere con i colori del quartiere piccole finestre che poi venivano installate lungo il percorso del suo studio temporaneo». Così un piccolo modulo di cornice-finestra è diventato anche il dispositivo per un saluto che, più che infondere malinconia, suggerisce poetici nuclei di intimità, micro-scenografie oltre le finestre, realizzate dall'artista in punta di dita, ikebana domestici, teatrini di intimità svelata appena da certe sagome riconoscibili. 

«Scrigni di mirabilia queste finestre contengono la vita e si affacciano al vuoto come stelle scintillanti in uno spazio sostanzialmente silenzioso e buio. La planimetria tracciata a memoria lungo le pareti dell'Invisibile è forse l'omaggio più bello che un artista possa fare al quartiere che ne ha raccolto lacrime e gioie»

Lea ha disegnato nella galleria una mappa di Castello sistemando le sue finestre in punti non casuali, ma dove ancora, passando, può alzare lo sguardo e scoprire che il suo non era un addio ma un arrivederci. La sua canzone d'amore continua. 



"Waving Goodbye" - nuova personale di Lea Gramsdorff

Giovedì 15 settembre allo Spazio in(visibile a Cagliari vernissage della nuova mostra personale di Lea,
dal titolo "Waving Goodbye", con la presentazione di Efisio Carbone.

La mostra sarà visitabile dal giovedì al sabato fino al 1° ottobre.



 



Waving Goodbye - presentazione di Efisio Carboni

WAVING GOODBYE

Il saluto di Lea Gramsdorff al suo quartiere

(presentazione di Efisio Carboni) 



La malinconia di un saluto che s'intreccia a sentimenti di nostalgia e speranza accompagna l'ultima serie di opere di Lea Gramsdorff. Il lavoro ha avuto origine durante una residenza al Ghetto, spazio dedicato all'arte nel Quartiere di Castello di Cagliari, progetto curato da Simona Campus e da me in tempi pandemici. L'artista esortava il pubblico a dipingere con i colori del quartiere piccole finestre che poi venivano installate lungo il percorso del suo studio temporaneo nel cuore della cosiddetta Sala dei Cannoni.

Scrigni di mirabilia, queste finestre contengono la vita e si affacciano al vuoto come stelle scintillanti in uno spazio sostanzialmente silenzioso e buio. La planimetria tracciata a memoria lungo le pareti dell'(In)visibile è forse l'omaggio più bello che un artista possa fare al quartiere che ne ha raccolto lacrime e gioie. Lea frammenta ancora una volta la sua esistenza in numerose parti e ne sparge le ceneri al vento, rivendica come artista il diritto al nomadismo, la casa è il teatro e teatro è il mondo, una valigia, l'amore certo tenuto per mano, i pesi sulle spalle alleggerite da robuste ali: quello che conta nessuno può portarlo via perché è inafferrabile.

Si tratta, quindi, di un’idea sedimentata che ha preso forma lentamente e che ha trovato nel recente spostamento di residenza dell'artista motivo per essere condotta a un suo sviluppo chiarificatore.

L’occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose, scrive Calvino nelle sue "Città Invisibili"; in effetti le finestre che si aprono nel quartiere di Lea sono segni sedimentati del suo passaggio. Ogni volta che ci fermiamo in un luogo lasciamo una parte di noi che si sedimenta e stratifica con il passato mentre ramifica nel presente. Attraversare quei vicoli un'ultima volta, da abitante, assume differenti significati rispetto alle infinite volte precedenti. È il momento in cui è il cuore a guardare, non più l'occhio, le cose assumono un altro senso, lo spazio si deforma in metafore che fioriscono sui muri, la luce danza, il tempo attende, il vento parla, la poesia scorre.

Quanto ho vissuto, con chi ho vissuto, come ho vissuto.

Gli occhi si sollevano a cercare il cielo oltre le strette maglie dei vicoli storici: ecco le finestre che salutano. Sono piccoli contenitori di vite parallele che Lea Gramsdorff raccoglie e minuziosamente sistema con cura. Minuscoli teatri di immanente e trascendente, caleidoscopici, difficilmente penetrabili, come l'anima complessa che ognuno di noi porta dentro.

Una coerenza sbalorditiva incarna l'intera produzione di Lea Gramsdorff come artista visiva il cui processo sarà chiarito solo in una futura antologica. Le finestre sono un altro frammento di questa storia che prima o poi sarà raccolta in un unico volume.

Intanto concentriamoci sulle piccole preziose finestre senza paura di voltarle per scoprire ciò che l'occhio non vede ma che comunque esiste, seguiamole lungo le vie, come arterie pulsanti, scopriamo la finestra vuota pronta ad accogliere altre vite, arriviamo ai margini dei bastioni, lungo i muri perimetrali dello Spazio (In)visibile, che è certamente la casa di tutti noi perché contiene l'amore per l'arte.