"Anatomia di un'amicizia"

“A|B-Passeggiata” a Cagliari

Anatomia di un'amicizia. Quando la cattiveria sa diventare liberatoria

di Manuela Vacca
(L'Unione Sarda, 02/02/2010)
 


Asciutta anatomia di un'amicizia, dopo vent'anni e distanze ormai incolmabili. Lea Karen Gramsdorff, autrice dello spettacolo A|B-Passeggiata, la nuova produzione della Compagnia B andata in scena al teatro Alfieri di Cagliari, affronta una psicologia femminile di competizione non amichevole. Dopo due decenni A (la stessa Gramsdorff) e B (Alice Capitanio) si rivedono per una passeggiata in Sardegna che si trasforma subito in una marcia serrata, tra conti in sospeso e
sferzate di lingua.
Eh sì, «essere cattivi è bellissimo, liberatorio», quando si è imprigionati dall'isola magica (rievocata nei filmati del regista Giovanni Columbu) e dal suo mare soffocante, limitate da se stesse e da domande irrisolte crepitanti nella macchia mediterranea. Mentre camminano in cerca di un'erba “inedita” che varrebbe un premio Nobel, galleggiano intorno identità ancora amorfe di quello che sono diventate, una ricercatrice affermata e una casalinga felice. E si affacciano, attese o inesorabili, le constatazioni («Quando sei pronta per gareggiare e ti dicono che l'iscrizione è scaduta») e sardonico è il riso, vicendevolmente.
Ciò che è vero da una parte è falso dall'altra? Avanza un tantino di fede scaramantica nella linguistica: pensalo e dillo, dillo e accadrà. Passo dopo passo il sole si smorza nella penombra del bosco e nel buio della miniera. Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera, direbbe Goethe.
Cadono così questi angeli, per finalmente vedersi individui, dentro, a tentoni: «Chi sei senza me?», «Me», la risposta monosillabica. Sarà vero? Dostoevskij sapeva che non è facendo rinchiudere il proprio vicino che ci si può convincere del proprio buon senso.
La regia firmata da Stefanie Tost guida due attrici a loro agio nel gioco di scena, in una qualche somiglianza persino fisica, impegnate a contornare la vena ironica a volte sottotraccia nel testo e delineare i tratti onirici della trama.
Peccato soltanto che gli strumenti chirurgici della drammaturgia non abbiano sezionato ancora un po'. La cattiveria, dicono, è liberatoria.