"Esercizi sulla bellezza" - il contributo di Lea Gramsdorff

Lea Karen Gramsdorff
Tra la palpebra e il sopracciglio


Incontrare Piero Tosi è stato per me molto importante. Ho frequentato il Centro Sperimentale per caso; partecipai alla selezione perché un amico, con il quale avevo girato alcuni cortometraggi, voleva seguire il corso di Regia e mi convinse a provare insieme il concorso, ma a me non interessava il cinema, volevo fare teatro. Non mi consideravo carina, né soprattutto fotogenica: non avevo mai pensato a me come a una figura sullo schermo! Tosi è stata la prima persona che mi abbia fatto sentire bella. È stata una sensazione completamente nuova, perché mi riconoscevo, sì, caratteristiche positive, ma la bellezza mi era sconosciuta. È stato uno stravolgimento. Grazie a Tosi ho scoperto che quelli che consideravo difetti – la fronte troppo alta, il viso troppo pallido… – possono essere invece caratteristiche di bellezza, di una bellezza “antica”, che forse oggi non si concepisce più, ma è stato così bello scoprirla! Perciò mi sono sottoposta volentieri alle torture del costume d’epoca, alle lunghe ore di preparazione. Ho imparato a soffrire in silenzio e a provare il piacere di saper portare il busto, di indossarlo per lungo tempo. È stata un’esperienza importante. Ho imparato da Tosi cose fondamentali sul portamento, su un certo modo di guardare, di sentire il costume, di sentirselo addosso. Avevamo tutti grande soggezione: ascoltavamo tutto ciò che diceva annotando mentalmente ogni parola. Sono parole che ricorderò per il resto della vita! La cura e l’attenzione con cui mi ha seguita negli anni del corso mi hanno fatta sentire privilegiata, mi hanno resa felice.
A volte ritoccava lui stesso il trucco, con un minuscolo pennellino che strappava dalle mani del truccatore. Diceva che il mio volto è come una tela bianca, una maschera da decorare, si può trasformare con due linee di trucco. Per lui la fotogenia – non so se nel mio caso o in generale – è lo spazio tra la palpebra e il sopracciglio. Uno spazio che i truccatori moderni tendono a riempire, dicono, “per tirare fuori l’occhio”. Secondo me invece l’occhio è bello così, appena percettibile.

L’operazione nel complesso è stata piuttosto complicata. Non si poteva lavorare prima all’acconciatura e al trucco e poi infilare il costume perché si sarebbe distrutto tutto, né indossare subito il costume perché si sarebbe sporcato; quindi si procedeva per gradi. Si metteva una parte del costume, magari il busto, e si cominciava con la base del trucco, poi un altro elemento e così via fino ai ritocchi sul set fotografico. Pur avendo lavorato in vari film in costume, non mi è mai capitato di seguire una preparazione così accurata, solenne, perché oggi i tempi del cinema non lo consentono. Essere sul set fotografico durante un seminario di Tosi era come essere dentro un’opera d’arte. Ho molti ricordi del mio primo seminario. Lavoravamo su figure femminili di fine ‘700 e, oltre al busto, avevamo a che fare con gonne ampissime, molto lunghe, con le quali è difficile muoversi senza inciampare. Per salire le scale afferravamo tutte istintivamente la gonna da sotto e la tiravamo su perché non si sporcasse, ma lui ci ammoniva, perché «una vera regina non si preoccupa di sporcare l’orlo della gonna». Quando mi capitò poi di interpretare personaggi regali, queste parole furono di grande aiuto. Ricordo anche che Piero non si stancava di dirci che bisogna pensare sempre davanti alla macchina da presa, mai avere la testa vuota! Bisogna pilotare il pensiero del personaggio, non dell’attore, non bisogna mai essere assente come personaggio. Non so se Tosi ami molto gli attori, o se ci veda solo come possibili oggetti da trasfigurare, amandoci per la nostra disponibilità.





(tratto da: "Esercizi sulla bellezza. Piero Tosi e i seminari di acconciatura e trucco al CSC", 
a cura di Alfredo Baldi, Stefano Iachetti - Electa, 2008)