Un "appartamento" al museo Macc

Un "appartamento" al museo Macc
Gli artisti Lea Gramsdorff e Simone Dulcis rileggono la collezione


Andrea Scano
(L’Unione Sarda, 23 febbraio 2020)

Fra di loro, mentre la rivisitazione prendeva forma, lo hanno ribattezzato "l’appartamento". Un’intimità che la dice lunga proprio sull’idea di dare nuova vita a un museo donandogli una originale dimensione domestica: un tavolo su cui mangiare, lo studio in cui lavorare o rilassarsi, un letto per riposare. Insomma come vuole l’adagio ecco un "museo sweet museo", secondo schemi di vita quotidiana in simbiosi con le numerose opere di Fontana, Munari o Calzia, Utzeri e Brundu, Soldati o Veronesi. Così a partire da oggi (la vernice è questa mattina alle 12) il Macc di Calasetta non sarà più solo una culla dell’arte contemporanea in cui da venti anni trovano ospitalità i maestri di tutte le tendenze dell’arte astratta, sino agli sperimentatori sardi, ma avrà l’aspetto di una casa delle meraviglie artistiche riallestita grazie a Lea Gramsdorff e a Simone Dulcis.

Sono i due artisti che, sposando il progetto "The artist as curator", hanno inventato una dimensione intima per una collezione pubblica, quella che l’artista Ermanno Leinardi offrì alla Fondazione Macc. La loro interpretazione figlia dei rispettivi percorsi culturali ha prodotto una rilettura della collezione permanente costituita da opere in cui domina il geometrico, elemento che non prevede il disordine: invece una casa qualsiasi di disordine ne prevede. 

E allora come si sposano questi concetti nel disegno voluto dal direttore del Macc Efisio Carbone? «Difatti - anticipa Lea Gramsdorff, regista, pittrice e attrice - questo riallestimento non tradizionale offre un altro tipo di comunicazione: cerchiamo di trasmettere il nostro modo di convivere con una collezione, ipotizzando un rapporto affettivo perché il museo è di tutti». Giocando con geometrie e colori, i due artisti invitano a provare a coabitare con le opere dei maestri contemporanei intese come parte della quotidianità. Non a caso riallineate in ambienti da focolaio domestico: «Non sono opere distanti da noi - aggiunge Lea Gramsdorff - pertanto esaltiamo il fattore umano, con l’errore che non si riscontra certo in questo tipo di pittura». In questo processo di rivisitazione, parte del mobilio è stato disegnato sui muri: «Di solito è l’arredamento a creare forme rigide ma noi abbiamo voluto stravolgere questo concetto».

Il museo, nello spirito del progetto nato col contributo "Culture Lab" di Regione e Fondazione Sardegna, è inteso dai protagonisti come un appartamento e così è stato ribattezzato da loro stessi nei giorni in cui hanno dovuto disporre tele e ambienti. La logica del riallestimento piegata al volere del vivere quotidiano, fatto di telefonate, riposo, cibo, esige che proprio da oggi (e sino a maggio) gli spazi della "casa" Macc saranno letteralmente abitati. Sono in programma talk in salotto sui temi dell’arte, pranzi in cucina offerti da Dulcis e Gramsdorff.

Prevista anche una notte al museo per i bambini (e qualche adulto) chiamati a vivere l’arte contemporanea come frammenti della propria vita: l’astratto si fa quotidiano anche nella magia e nell’intrigo dell’oscurità. «Allora ogni abitazione è un museo personalizzato - ammette Simone Dulcis, pittore ma anche scenografo e sound-performer teatrale, indagatore del rapporto spirituale con la natura - il gioco divertente è provare a piegare, ma senza snaturarle, le opere al volere di chi vive in un ambiente». Non resta altro che provare ad abitare il Macc di Calasetta come una bella e calda casa piena di arte.