Caterina Pinna
(L’Unione Sarda, 25 ottobre 2019)
Forse ha davvero ragione il filosofo contadino Gustave Thibon a sostenere che «l'unica nobiltà dell'uomo, la sola via di salvezza consiste nel riscatto del tempo per mezzo della bellezza, della preghiera e dell'amore». Temi urgenti sui quali poggia il lavoro di ricerca, fatto a quattro mani dagli artisti Lea Gramsdorff e Simone Dulcis, da oggi (vernice alle 19) in mostra al Museo Diocesano Arborense di Oristano. “Nel tempo”, appunto, attraverso il divenire delle nostre esistenze. Ovvero un viaggio non distratto ma colmo di pietas dentro l'umanità, un percorso emozionante da leggere attraverso la speciale grammatica dell'arte, capace di distillare emozioni e ragionare sull'uomo, sul suo rapporto con l'Eterno e con la storia.
L'idea forte di “Nel tempo” sta però nel presentare pagine scritte in passato dai due artisti come “Elegia”, “Exodus” e “Preghiera del mattino” e di farle abitare contemporaneamente in un lavoro site-specific assolutamente originale. Tre momenti di vita artistica che si fondono e al tempo stesso restano unici. Scrive il curatore, lo storico dell'arte Efisio Carbone: «Le tre grandi installazioni sono tre dissertazioni sapientemente cucite tra loro che indagano il rapporto tra l'uomo e la preghiera, l'uomo e la storia, l'uomo e la natura. Una sintesi corale che muove verso Dio attraverso la parola, l'azione e la contemplazione».
“Elegia” è un'unica opera in molteplici installazioni che Gramsdorff e Dulcis hanno dedicato alla Cripta di Santa Restituta a Cagliari, uno spazio di fede, luogo di vita, di morte, di storia, insalubre e cupo sotterraneo di pietra scavata e scolpita in altari dove tanti cagliaritani trovarono riparo dalla pioggia di bombe del 1943 quando la città venne ferita a morte.
«Simone Dulcis e Lea Gramsdorff, che hanno scoperto nel lavoro a quattro mani un momento di riflessione comune risolto, in pittura, in forme complementari armonico-melodiche, - scrive ancora Carbone - realizzano, in questa occasione, un numero di stazioni creando un percorso preciso, un viaggio nel profondo, un canto orfico, una discesa, che è anche fisica, verso luoghi della memoria dove raccogliersi per ritrovare se stessi. Il colore blu è filo di Arianna: blu profondo lapislazzuli come nel cielo di Michelangelo del Giudizio Universale che ancora ricorda all'umanità il suo destino. È il blu della meditazione, dell'infinito, così lo interpretava Kandinskij, il blu della preghiera».
Segue il tempo della storia, del presente, dell'uomo. “Exodus” è un progetto che Lea Gramsdorff approfondisce da alcuni anni proponendo bellissime carte nautiche su cui, steso il colore, si muovono le genti lungo confini in bilico tra il geografico e l'immaginario. Nulla di più attuale e dolorosamente quotidiano. Nell'installazione il tema assume proporzioni epiche divenendo una sacra rappresentazione condotta a quattro mani con Simone Dulcis: «le figure sono sculture, i cieli tele dipinte, tutto è in movimento, la scena ci cattura catapultandoci dentro il racconto». Dove siamo diretti? La domanda nasconde una profonda drammaticità esistenziale risolta nell’installazione successiva, “Preghiera del mattino”, che ritrova nella mistica francescana la chiave ideale del rapporto tra Dio, Uomo, Creato.