di Roberto Mura
(Il Giornale di Sardegna, 8 dicembre 2005)
(Il Giornale di Sardegna, 8 dicembre 2005)
Poesia che ispira pittura, pittura che ispira poesia. È un doppio gioco quello di Lea Karen Gramsdorff, pittrice che racconta lasciandosi trascinare dall'impeto della creazione. Un gioco che corre su mondi paralleli dove l'osservatore è invitato a entrare col cappello in mano, per salutare luoghi trasfigurati dall'immaginazione, dal ricordo, dai turbamenti quotidiani, dalla ricerca di una nuova dimensione. È la sua prima personale, quella inaugurata ieri – durerà due settimane – allo Spazio P di vico Barcellona 7, a Cagliari, intitolata "Per Luglio Kaputt e sentimenti prêt-à-porter", in omaggio ai versi di Majakovskij. Ma c'è anche la poetessa Alda Merini tra le tributarie delle sue opere. Che sono una ventina, a tecnica mista su tela e su tavola. "Mi piace dipingere per terra, con le mani, graffiare il quadro, bucarlo, avvitare, inchiodare. Mi avvince la stratificazione del colore", ammette l'artista di origini tedesche, vissuta tra Roma e Milano e ora cagliaritana d'adozione. "Sono molto legata alla mia fanciullezza – racconta – e seppure i miei lavori non possano definirsi infantili, possiedono di sicuro la sfrenatezza di quell'età".
I quadri sono strabordanti di immagini, evocazioni, scritte. "Libera",
si legge in uno, "Va' per la tua strada", annuncia un altro. I personaggi di Lea Gramsdorff hanno quasi sempre gli occhi chiusi, vivono in un sogno infinito. Mentre ovunque si affacciano mani pronte a strappare qualcosa, e c'è sempre una finestra, o una porta che conduce non si sa bene dove. Forse varcandola il protagonista troverà la sua strada, quella che la sua vita impressa sulla tela non trattiene completamente. Lo si legge in opere come "Ogni mattina", dove una figura femminile volge il suo sguardo su una città ammassata, che è quasi un tutt'uno sotto una luna gigantesca. O come "La nuova povera che se ne va", dove una donna va via dal paesello lasciandosi dietro la sua vita, i suoi oggetti ammucchiati e ormai inutili. Ed è talmente ebbra di mondo da portarsi dietro una busta firmata Prada. Se il naïf può avvicinarsi a definire la tecnica di Lea Gramsdorff, le tematiche affrontate nei disegni paiono nascere dal realismo. Dalla solitudine della "Prostituta bambina", una ragazza persa nel blu della notte berlinese. Dall'alienazione della "Pazza", una piccola bohémienne con un cappotto rosso che è quasi una divisa. Dal contrasto della "Sposa", una fanciulla che in pancia porta un uovo contrassegnato da una X. "La mia pittura è composizione, quasi un fatto musicale – chiarisce la pittrice – un punto di incontro tra astrattismo e figurativo, per opere calde, che non siano semplici pezzi da arredamento, ma quadri con cui convivere".
source: Il Giornale di Sardegna