"Come vent'anni fa" a Palermo

di Mariangela Albano
(palermo24h.com, 12 dicembre 2011)


Oscuro e disconnesso il monologo che l’attrice Lea Karen Gramsdorff ha messo in scena al Teatro Libero Incontrazione di Palermo in questi giorni.

Come vent’anni fa, spettacolo scritto e diretto da Lelio Lecis, si fonda sull’indecifrabilità dei pensieri della protagonista. Sono ricordi che affiorano quasi in maniera automatica e si fondono ad una strategia di natura joyciana. Al centro della scena, la commessa di una polleria che interpreta Ecuba, celebre moglie di Priamo e regina di Troia.
La sua Ecuba, intrisa di dolore e angoscia per il destino di Troia e della sua stirpe, le permette di
sprofondare in una serie infinita di ricordi che cominciano a popolare la sua interpretazione. In maniera straniante la giovane interroga il regista sull’epicità della sua interpretazione, richiede al tecnico di abbassare le luci della scena o persino saluta con un “ciao” i tre musicisti che accompagnano i suoi monologhi teatrali.
Un’azione scenica metateatrale che tenta di restituire all’attore una natura non straordinaria e che tenta di ricomporre il personaggio-uomo nei suoi frammenti spezzati. La recitazione della giovane viene ripetuta ed interrotta più volte a causa di uno sguardo che pare provenire dal pubblico.
L’anonimo “tu” a cui l’attrice si rivolge verrà ricostruito e decostruito in maniera costante sancendo un movimento sregolato discendente e ascendente. Il dialogo con questo “tu” si trasforma in una confessione marcata da un senso di anonimato. Anche la giovane commessa indosserà per quasi tutto lo spettacolo un paio di occhiali da sole che non permetteranno mai al pubblico di riconoscerla ma lasceranno un margine di immaginazione.
Così, la giovane inizia a dare a questo “tu” molteplici identità: dal ragazzo conosciuto in spiaggia, al turista di Bangkok, dal professore di matematica al suo ex fidanzato Guido. Tutte storie che si susseguono tentando di ritrovare un ordine seguendo un fine ontologico, storie che parlano di ideali, di una società rivelatasi deludente, di un capitalismo erroneamente chiamato democrazia pluralista.
Racconti di una donna che rincorre gli amori, resta delusa e vittima di una società machista. Poi, tenta di risollevarsi ma, costretta a lavorare in una polleria denominata più volte lager di cadaverini gialli, reprime il suo bisogno di incontrare il mondo. Il teatro è la sua unica possibilità di espressione e anche lì deve fare i conti con il suo “io” alle prese con la tragicità epica che si rivela via via sempre più vicina alle sue vicissitudini.
Dialoghi virtuosistici che intercorrono tra storia e mito, ricordo e oblio, identità e anonimato. Notevoli anche i brani musicali interpretati dai tre archi: Ottavia Guarnaccia al violino, Chiara Moccia alla viola e Giada Vettori al violoncello.