"Niente sesso sono Pinter"
Cosimo Filigheddu
(SardegnaBlogger, 29 novembre 2017)
Introspezione psicologica della coppia o Youporn? Un tuffo nella mente che si sdoppia e si triplica, si destruttura e si ricostruisce in un gioco grottesco e autodistruttivo, o una delle “categorie” che nel popolare sito offrono continue rappresentazioni della condivisione convulsa e allargata di corpi?
E, soprattutto, le due cose sono poi così diverse?
Youporn agli inizi degli anni Sessanta, quando Harold Pinter scrisse “L’amante”, non era neppure immaginabile perché non era immaginabile uno strumento di pervasiva comunità qual è Internet. Ma una rivisitazione di questo gioiello del drammaturgo british (che più british non si può) non può che tenere conto del retropensiero di un pubblico contemporaneo: smaliziato o meglio annoiato da trasgressioni che nella narrazione neo erotica dei giorni nostri sono ormai – più che trasgressioni – disciplinata osservanza di consolidati costumi sessuali. Tanto che la trasgressione diventa noiosa normalità.
Ma forse accadeva anche negli anni Sessanta, come Pinter lascia intendere.
Come riproporre quindi questa vecchia faccenda di una moglie e di un marito apertamente condivisi tra un amante e una puttana in realtà inesistenti? Attenti, è un gioco di sesso immaginario che potrebbe facilmente precipitare nel baratro della banalità, in una storia di coniugi che giocano al medico e alla paziente.
Ma il regista Lelio Lecis, in questa edizione prodotta da Akròama e rappresentata con successo al Parodi di Porto Torres nel Festival di Etnia e Teatralità della Compagnia Teatro Sassari, ha vinto la sfida contro la piattezza. Lo ha fatto nella maniera più intelligente, riproponendo in un semplificato contesto moderno (basta per esempio togliere al marito la bombetta da city man prevista nel copione originale) la vera meta di questo breve percorso pinteriano.
Che non è sesso stanco irrobustito da giochi erotici neppure troppo sovversivi, perché in fondo i due inglesini Sarah e Richard non hanno il fegato di mettere a correre nel loro rapporto di coppia amanti veri e puttane vere ma soltanto proiezioni immaginate.
La lezione, invece, sembra essere questa necessità di un continuo rinnovare l’offerta di sé all’altro, di riproporsi diversi senza esserlo davvero, una scomposizione sovrastrutturale, soltanto decorativa, delle rispettive essenze, conservando infine intatti gli io profondi che formano la coppia. Ti aspetti, cioè, che il sesso sia soltanto un epifenomeno, uno degli effetti collaterali di un rapporto solido ma bisognoso di avventurose apparenze.
Lecis ha potuto contare sui
bravissimi Lea Karen Gramsdorff e Simeone Latini, che avevano già incantato il Parodi in una indimenticabile Medea magistralmente rivisitata dalla Gramsdorff regista e interprete. Qui, da Euripide a Pinter,
la Gramsdorff si esibisce in una seducente recitazione dove un uso saggio del movimento e della parola, che si intrecciano come in una danza nelle celebri “pause” pinteriane non trascurate da Lecis,
propone un personaggio dalla strabiliante poliedricità: quando è