"Che rabbia, non tutto è perduto"
Più di trent'anni dopo, il manifesto drammaturgico di Osborne mantiene la sua contraddittoria attualità.
Sia il drammaturgo Luca Fontana che il regista Walter Le Moli sottolineano il carattere ambiguo di "Ricorda con rabbia" di John Osborne. Nel 1956, quando Tony Richardson e Alan Bates la rappresentarono al Royal Court di Londra, la commedia divenne il manifesto dei giovani arrabbiati, ma è un testo intriso di nostalgia e valori oggi inaccettabili: così dicono, mettendo le mani avanti. Quando Le Moli immagina che "l'animuccia democratica degli spettatori" inorridirà di fronte al comportamento maschilista, cioè deresponsabilizzante, di Jimmy Porter, affidandosi alle pure virtù mimetico-emotive del testo deresponsabilizza se stesso, pretende di scansare da sé la qualità ideologica del malessere tramandato da Osborne. Per fortuna, lo stesso regista ammette che a fare lo spettacolo poi sono gli attori; e per fortuna, aggiungo io, "Ricorda con rabbia" è una delle commedie più belle del ventesimo secolo. Conserva immutata la sua vitalità. La rivendicazione della tradizionale insularità britannica ("qualcosa di semplice, qualcosa di forte, di inglese") è un puro guardarsi indietro o è una profezia della emancipazione di ogni singola realtà culturale dal predominio americano? Quell'insularità, quell'isolamento non è forse rappresentato per ciò che è, cioè realisticamente, come un bozzolo, qualcosa di inespresso che risulterà letale? Sono finite le giuste cause, dice Jimmy Porter, e "non ci resta che farci macellare dalle donne". Che è proprio ciò che succede: come alle donne non resta che farsi macellare dagli uomini, e agli uni e alle altre regredire all'infinito in quell'oscuro bozzolo di quiete. Uno straordinario pathos, sia comico sia drammatico, rivela in Francesco Siciliano un attore che ha di slancio superato tutte le acerbità della giovinezza: una standing ovation, come dicono i cronisti televisivi, ha accolto la sua prova. Ma non meno applauditi Lea Gramsdorff, Massimo Poggio, la bella e ammirevole Alessia Innocenti.
source: Corriere della Sera